Un po’ di storia
Quintodecimo, frazione di Acquasanta Terme,
in provincia di Ascoli Piceno.
Anche se si sa per certo che nel III millennio a.C. la regione era popolata da tribù dedite all’agricoltura, si ritiene che la coltura della vite sia iniziata con la colonizzazione dei Greci siracusani, che all’inizio del IV secolo a.C. fondarono Ancona e avviarono fiorenti traffici con la Grecia; inoltre, imbarcavano il vino in anfore di argilla la cui forma, molti secoli più tardi, ispirò la bottiglia che ha reso famoso il Verdicchio.
Importante è stato anche il contatto culturale con gli Etruschi, arrivati dalla vicina Umbria; conoscendo l’importanza data da queste due civiltà alla vite e al vino, si può presumere che sulle colline marchigiane la viticoltura fosse fiorente già prima dell’arrivo dei Romani, nel 268 a.C.
Lo stesso Plinio il Vecchio loda i vini di Ancona e il geografo e storico greco Strabone li definisce eccellenti e vellutati. Con la caduta dell’Impero Romano e il susseguirsi delle invasioni barbariche non si hanno più notizie certe della viticoltura marchigiana. Si racconta che nel IV secolo d.C., il Re dei Visigoti Alarico, valicando gli Appennini diretto alla conquista di Roma, fosse solito incoraggiare le sue truppe con il vino Verdicchio.
Anche nei secoli successivi le vigne subirono le alterne vicende proprie di quei tempi, e bisogna giungere al Medio Evo per avere notizie certe dell’introduzione di nuovi vitigni e del miglioramento delle tecniche di vinificazione: appaiono il vino di trebbiano, il vino Osimano e il Gaglioppo o Vernaccia Rosso.
Nei suoi scritti, Pietro de’ Crescenzi riporta che il trebbiano era diffuso in tutte le Marche e produceva un vino nobile e Andrea Bacci, marchigiano di Sant’Elpidio a Mare, storiografo, medico ed enologo, indica i migliori vini della regione, tra cui quelli dell’Ascolano – con Moscati e Malvasie liquorosi –, di Offida e di Ripatransone, oltre ad alcuni Moscatelli del Maceratese, dell’Anconetano, di Pesaro e di Jesi.
Anche se dal XVI secolo in poi le cronache sembrano tacere, la vite marchigiana non cessa di rinnovare e migliorare i suoi frutti, raggiungendo agli inizi del XIX secolo un quadro produttivo abbastanza simile a quello attuale. Dalle statistiche del Ministero dell’Agricoltura di allora si hanno esaurienti informazioni sulla struttura del vigneto marchigiano, nel quale prevalgono i vitigni a bacca bianca, con trebbiano, verdicchio, albana, biancone, biancame, trebbianello, malvasia e moscatello, mentre tra quelli a bacca nera figurano sangiovese, vernaccia, lacrima, canaiolo, balsamina e aleatico, con impiego di nuovi vitigni quali cabernet, pinot nero e malbec.
Su tutto questo, tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, cala il flagello della fillossera, che porterà la consueta devastazione tra i filari, seguita però da una veloce ricostruzione e da un miglioramento nella qualità dei vini prodotti.
L’ambiente pedoclimatico
Le Marche si estendono per oltre 9300 kmq tra gli Appennini e il Mare Adriatico e presentano un territorio prevalentemente collinare, con piccole pianure lungo la costa e nelle strette valli lungo il corso dei fiumi.
I massimi rilievi si trovano nella catena dei Monti Sibillini, con altezze medie superiori a 2000 metri (Monte Vettore 2476 m), mentre il subappennino raggiunge i 1570 metri con il Monte Pennino.
Lungo le dorsali appenniniche sono presenti brecce calcareo-arenacee, conglomerati di arenarie, calcari, marne argillose, depositi gessoso-sulfurei, tripoli – farine fossili derivate da scheletri silicei di alghe e diatomee –, giacimenti di potassio e di zolfo. I rilievi calcarei marchigiani presentano numerose grotte, tra le quali quelle di Frasassi, nei pressi di Fabriano, famose per la loro spettacolare bellezza. Ma sono state le acque, scorrendo per millenni in modo impetuoso dalla catena appenninica, a modellare il paesaggio, con lunghe dorsali degradanti e fortemente scoscese verso il Mare Adriatico.
I terreni sono profondi e sciolti, con buona permeabilità, particolarmente vocati alla coltura della vite e dell’olivo.
I corsi d’acqua che percorrono le Marche hanno regime torrentizio, sono piuttosto brevi e se si esclude il Nera, affluente del Tevere, sfociano tutti nel Mare Adriatico. Il Conca va a sfociare in Romagna; il Foglia e il Burano nascono al di fuori dei confini regionali; il Tronto nasce nel Lazio e con il suo corso inferiore segna il confine con l’Abruzzo, ma altri fiumi da ricordare sono il Metauro, il Cesano, l’Esino, il Musone, il Potenza, il Chienti, il Tenna e l’Aso.
Il clima della regione, con un elevato livello d’insolazione, è molto vario ed è influenzato dalla disposizione e dall’altitudine dei rilievi.
Lungo la costa prevale un clima mediterraneo, mentre verso l’interno diventa continentale, si accentuano le escursioni termiche e le gelate tardive possono danneggiare la vite. Nelle zone settentrionali gli inverni sono piuttosto rigidi, con esposizione a venti freddi, mentre quelle meridionali risentono maggiormente dell’influenza del mare, ma sono investite da venti che spirano da sud, turbinosi in estate e temibili per le coltivazioni. La neve è frequente in inverno nelle zone interne.
La gastronomia
Le vongole al prezzemolo, un delizioso
antipasto della cucina marchigiana.
Schiettezza e varietà di ingredienti genuini di un territorio ricco di materie prime sia di terra sia di mare, sono i tratti più significativi della cucina marchigiana, aromatizzata con le erbe odorose delle sue colline.
Tra i più rinomati antipasti si trovano molti salumi, tra i quali il ciauscolo o ciavuscolo, tipico del Maceratese e del Piceno – un insaccato morbido di carne di maiale tritata, ben agliata, da spalmare sul pane abbrustolito –, la coppa marchigiana – insaccato di maiale con pepe e noce moscata – e il mazzafegato, un insaccato di fegato e polmone di maiale insaporito con sale e spezie, detto anche salsiccia matta, da cuocere sulla brace.
Ancora più famosi sono il prosciutto di Carpegna DOP, la famosa soppressata di Fabriano – insaccato di carni diverse, macinate e miscelate con pepe e altre spezie –, il salame di Fabriano – prodotto di punta della norcineria marchigiana, ottenuto miscelando cubetti di lardo con carni selezionate di primissima scelta – e i ciarimboli, budelli di maiale arrostiti sulla griglia, tipici della Valle dell’Esino.
Ormai diffuse in molte parti d’Italia sono le olive all’ascolana, molto grandi, verdi, tenere e polpose, snocciolate e riempite con una farcia di carne, impanate e fritte, servite anche al momento dell’aperitivo.
Deliziosi antipasti di frutti di mare, con crostacei, telline, cozze, vongole e lumache di mare, in bianco o con il pomodoro, spesso insaporiti con un soffritto a base di aglio o finocchio, sono proposti con polpetti in guazzetto, seppioline, canocchie, acciughe e sardine, come le scottadito da mangiare con le dita. Ce n’è per tutti i gusti, prima di assaggiare il famoso brodetto, zuppa di pesce preparata lungo la costa in infinite varianti.
Tra i primi piatti, i cappelletti ricordano la confinante Romagna, ma sono ripieni di arrosto di maiale, cappone bollito e midollo di bue, e i ravioli al sugo di filetti di sogliola sono farciti di ricotta, prezzemolo, uova e noce moscata. E poi ancora i taglierini al ragù, i ravioli giganti ripieni di ricotta, formaggio, spinaci ed erbe aromatiche, e i vincisgrassi, specie di lasagne all’uovo sottilissime condite con pomodoro, prosciutto, burro e tartufo nero.
Un secondo piatto molto gustoso è il potacchio – con agnello, pollo o coniglio cotti in umido con olio extra vergine, rosmarino, prezzemolo, aglio, cipolle, peperoncino e vino bianco –, così come le braciole di agnello al rosmarino, l’agnello alla cacciatora tipico del Montefeltro – dorato su un fondo di lardo, olio extra vergine e aromi –, il coniglio farcito, l’anatra in porchetta con abbondanti aromi e spezie. Altre preparazioni tipiche sono la costoletta di maiale alla Montefeltro – ricoperta per due giorni con il sale, aromatizzata con l’aglio e cotta sulla graticola –, il lombo di maiale al latte – insaporito con cannella e chiodi di garofano e dorato nel burro –, la porchetta farcita – con aglio, rosmarino, finocchio selvatico, sale e pepe e cotta al forno –, le braciole all’urbinate, fettine sovrapposte a una frittatina di uova, formaggio e prosciutto e poi arrotolata. Infine, la pasticciata pesarese – stracotto di carne di bue con lardo e aglio, chiodi di garofano e cannella – e il piccione ripieno al forno, farcito con purea di castagne e burro.
Tra i piatti di mare spiccano il tradizionale stocco all’anconetana, l’arrosto segreto – sardine a strati, cotte nel forno con finocchietto –, i calamaretti alla rustica, i garagoli in porchetta – specie di lumachine di mare cotte in tegame con aglio, rosmarino e finocchio selvatico –, i moscioli – cozze farcite alla griglia o al forno –, le sarde alla marchigiana, le triglie alla griglia o al prosciutto, le seppie ripiene del Pesarese e dell’Anconetano.
Contorni particolarmente interessanti sono le fave ‘ngreca – bollite e servite in insalata con aglio, pepe, maggiorana e olio extra vergine –, la misticanza di erbe selvatiche, la parmigiana di gobbi – cardi bolliti, fritti e passati al forno con besciamella e parmigiano reggiano –, le zucchine ripiene alla marchigiana, con carne e pomodoro e poi fritte.
Il pregiato tartufo bianco di Acqualagna e di Sant’Angelo in Vado ha strette analogie con quello più famoso di Alba e nobilita tagliatelle, filetti di carne e numerose altre preparazioni.
Nella cucina marchigiana non mancano i formaggi, come il pecorino di Monte Rinaldo, tipico del Maceratese e di alcune zone dell’Anconetano, con un caratteristico profumo di serpillo, il formaggio di fossa, il formaggio vissano – da tavola o da grattugia dopo stagionatura –, latticini o formaggi freschi locali come la ricotta di Amandola e la casciotta d’Urbino DOP, morbida e delicata.
Il Visciolato è un tradizionale vino aromatizzato a base di visciole.
Molto apprezzati ma meno numerosi sono i dolci, come il pan nociato, le beccùte – pane dolce di farina di mais, uva sultanina e pinoli – e i calcioni, grandi ravioli di pasta di pane ripieni di tuorli d’uovo e formaggio pecorino. Particolarmente sfiziosi sono i cavallucci e le ciambelline – a base di farina bianca, zucchero, mosto, semi di anice e olio extra vergine –, il bostrengo – una torta di riso bollito, pinoli, uva passa e pezzetti di cioccolato amaro – e il serpe, fatto con farina, chiara d’uovo, mandorle e zucchero, arrotolato, rivestito con un foglio di ostia e cotto nel forno.
La frustenga è una torta casalinga ottenuta con farina bianca e gialla, mollica di pane e fichi secchi sminuzzati, il frustingolo è un dolce del periodo natalizio e le pizze dolci di quello pasquale. Splendide, infine, le pesche della Valdaso, e soprattutto le visciole di Cantiano, da cui si ottiene una deliziosa confettura per meravigliose crostate o il tradizionale vino aromatizzato, il Visciolato. E parlando di vino, non si può dimenticare il vino cotto – consumato solo in famiglia – ottenuto facendo bollire il mosto prima della consueta fermentazione.