Un po’ di storia
La coltivazione della vite precedette i primi contatti tra le popolazioni pugliesi e i mercanti fenici, che si affacciarono in Puglia intorno al 2000 a.C. e che introdussero nuovi vitigni e più efficienti tecniche di coltivazione. Un analogo apporto diedero i coloni greci, probabilmente meravigliati di trovare vigne lussureggianti e vini bevibili.
L’occupazione romana trova vigneti fiorenti e vini sicuramente gradevoli, tanto che il poeta Orazio arriva a paragonarne alcuni al Falerno, considerato all’epoca il vino migliore. Che i vini pugliesi fossero molto buoni lo confermano lo storico naturalista Plinio il Vecchio – che loda i vini di Taranto – e il poeta latino Marziale, che esalta i vini di quelle vigne felici. Molto apprezzati all’epoca sono anche i vini di Canosa e di Brindisi.
La decadenza dell’Impero Romano e i successivi secoli di crisi non causano un arresto del commercio dei vini pugliesi, che rimase l’attività economica più importante fino ai tempi di Federico II di Svevia, noto per la sua passione per la vite e il vino.
Il primitivo arrivò in Puglia, probabilmente, tra il XV e il XVI secolo, portato da profughi slavi.
Nel Medio Evo la viticoltura è in pieno sviluppo. Navi cariche di vino salpavano alla volta dei porti adriatici – su tutti quello di Venezia – e di quelli orientali, alimentando un attivo commercio che arrivava, pure con qualche difficoltà, anche a Napoli e in Toscana.
Nel XVI secolo Andrea Bacci elogia la bontà dei vini di Lecce, di Bari e del Foggiano, dando però maggiore lustro a quelli prodotti dai vigneti di Manfredonia ‘che ha colline sassose, le quali godono mirabilmente della feconda aura marina’. Un quadro più ricco di particolari ci ha lasciato Prospero Rendella, che nel 1629 descrive i vini di Gravina e di Bitetto, di Cisternino e di Polignano, di Trani – il Moscato –, di Nardò e di Taranto.
L’attività vitivinicola continua in Puglia anche nei secoli successivi, ricevendo un particolare impulso quando, nella seconda metà del XIX secolo, l’Europa viticola è devastata dalla fillossera. I commercianti del Nord e i Francesi, intorno al 1870, acquistarono grandi quantitativi di vini pugliesi per sopperire alla momentanea carenza di produzione. La conseguenza diretta fu che nel giro di pochi anni la superficie vitata triplica, passando da 100.000 a oltre 300.000 ettari, con un vero e proprio boom di vini da taglio e da mezzo taglio, prodotti nella zona di Barletta, Corato, Bitonto, Brindisi, Lecce e Gallipoli.
Ma all’inizio del XX secolo la fillossera colpisce duramente la Puglia e nel giro di pochi anni la produzione vinicola scende da 12 a 2 milioni di ettolitri. Occorreranno decenni perché i viticoltori, con attività instancabile, riescano a ripristinare l’antico patrimonio viticolo.
L’ambiente pedoclimatico
La Puglia è una lunga penisola che si estende per oltre 19.000 kmq tra i mari Adriatico e Ionio, con un territorio prevalentemente pianeggiante e collinare.
Da nord a sud si succedono il Gargano, il Tavoliere, le Murge e il Salento, ai quali si aggiunge il sub-appennino Dauno – al confine molisano-campano –, con terreni argilloso-calcarei.
Il Gargano è un promontorio composto da calcare e rocce eruttive, interessato da fenomeni carsici e da imponenti erosioni sul fronte marino. Ha una superficie ondulata e pendii ripidi o terrazzati, ricoperti da una folta vegetazione mediterranea con olivi e pini d’Aleppo, che costituiscono la Foresta Umbra.
Il Tavoliere è la più ampia pianura meridionale, con terreni alluvionali formati da argille e sabbie; la costa è bassa e sabbiosa. Le Murge sono formate da agglomerati di rocce calcaree che degradano dolcemente verso la costa adriatica.
Il Salento, chiamato anche Messapia dal nome dei suoi antichi abitanti, comprende la piana di Lecce, quella Zagarese fino a Capo d’Otranto e quella di Matino sul Mar Ionio fino a Santa Maria di Leuca. Il terreno è anche qui calcareo, fertile, permeabile, fresco e di colore rosso-ocra per la presenza di ferro. Le coste e il sottosuolo presentano fenomeni erosivi, come quelli che hanno dato origine alla grotta della Zinzulusa.
Nessun fiume è interamente pugliese; i due principali sono il Fortore e l’Ofanto, alle due estremità del Tavoliere, che nascono nell’Appennino campano e sfociano nel Mare Adriatico. In Puglia si trovano degli avvallamenti che si riempiono d’acqua solo in caso di abbondanti precipitazioni, chiamati lame sul versante adriatico e gravine su quello ionico.
I due laghi più importanti sono quelli costieri di Varano e di Lesina nel Gargano; nella provincia di Lecce se ne trovano altri due, denominati Alimini o Limini, sempre costieri, alimentati da sorgenti e canali sotterranei.
Il clima è tipicamente mediterraneo, con tempo bello e stabile per lunghi periodi. Gli inverni sono miti e scarsamente piovosi, anche se è in questa stagione che si concentrano le rare precipitazioni. Le estati sono calde, ben ventilate e asciutte, ma in alcune zone, come nel Tavoliere, possono essere torride, mentre in quelle più elevate sono più fresche. Le escursioni termiche annuali e giornaliere aumentano salendo verso nord e dalle coste verso l’interno. La Puglia è esposta all’azione dei venti caldi provenienti dall’Africa, che condizionano temperatura e umidità dei vari territori.
La gastronomia
Le friselle, stuzzicanti antipasti pugliesi.
Se la qualità della gastronomia pugliese è tra le più alte d’Italia, in esemplare equilibrio tra i prodotti del mare e della terra, tracciarne un quadro univoco è piuttosto difficile, in quanto questa regione è lunga oltre 400 chilometri, e presenta più di 800 chilometri di coste.
Gli antipasti sono ricchi e variegati. Capocollo, cervellata, salsiccia mista di maiale e vitello con semi di finocchio, salsiccia leccese – a base di carni di suino e di vitello speziate e aromatizzate con buccia di limone –, soppressata di Martina Franca, pomodori sott’olio, le belle della Daunia – olive da tavola DOP – e le friselle, condite con pomodori a pezzetti, olio extra vergine, origano e un pizzico di sale, sono solo alcune delle preparazioni che si possono gustare all’inizio del pranzo.
Tra i prodotti del mare si possono apprezzare le cozze arracanate – preparate in tegame con pomodoro, vino bianco, aglio, prezzemolo e origano, poi passate in forno – e quelle alla leccese, le ostriche alla tarantina – con olio extra vergine, pane grattugiato e prezzemolo –, il tarantello – insaccato di ventresca di tonno conservato sott’olio, tipico della zona di Taranto – e il pesce a scapece, preparato con piccoli pesci fritti marinati con aceto e zafferano.
Regine incontrastate dei primi piatti sono le famosissime orecchiette – dette chiancarelle nel Tarantino –, pezzi di pasta di grano duro piccoli come l’impronta di un pollice, condite con le cime di rape, aglio, olio extra vergine e acciughe, ed eventuale aggiunta di ricotta dura grattugiata, oppure con gli involtini o con il ragù.
Tipici sono anche il minestrone di castrato, la minestra maritata – con cicoria, finocchio, scarola e sedano, bolliti separatamente e poi assemblati –, la storica ‘ncapriata di fave – una purea di fave condita con olio extra vergine e servita con cicoria – che risalirebbe a un’epoca antecedente quella dei faraoni e che ancora oggi viene preparata in Egitto.
Gustosi sono anche i troccoli alla dauna, simili ai maccheroni alla chitarra, immersi dopo cottura in un composto a base di uova, parmigiano reggiano, pecorino e pezzetti di asparagi, successivamente conditi con una salsa ristretta di pomodoro. E ancora i cavatieddi con la rucola e quelli con i ceci – conchigliette che ricordano un po’ i sapori orientali –, oltre agli spaghetti al pecorino.
Dal mare si ottengono meravigliose zuppe di pesce, come quelle di Gallipoli e Brindisi, e le semplici ma gustose cozze alla marinara, con aglio, prezzemolo, olio extra vergine e limone.
La puddica è una pizza farcita con pomodoro e cipolle, e i calzoni di piccolo formato – a base di pasta di pane con varie farciture – sono fritti in abbondante olio bollente. Un altro piatto molto saporito è la tiella di riso, patate e cozze, con pomodorini pugliesi, cipolle, aglio, prezzemolo e pecorino grattugiato. E tutti i piatti sono impreziositi da qualche goccia di olio extra vergine DOP: Collina di Brindisi, Dauno, Terra di Bari, Terra d’Otranto e Terre Tarentine.
Insieme alla vite, l’olivo prospera
nelle calde terre pugliesi.
Secondi piatti molto gustosi sono l’agnello alla carbonara e al cartoccio – tagliato a pezzi e cotto in forno avvolto in un foglio di carta oleata, con olive e lampascioni –, il caldaniello – pezzi di agnello cotti in tegame con aglio, cipolle, prezzemolo e latte di pecora –, il cutturidde – pezzi di agnello cotti in casseruola con pomodoro, cipolle, prezzemolo e pecorino – e la terrina di carne alla barese. Molto particolari sono anche le brasciole alla barese, involtini di carne di cavallo o di manzo condite con lardo, sedano, prezzemolo, carote, cipolle, pomodori pelati, scaglie di pecorino e vino rosso.
A base di interiora si ricordano il cazzmarr – piatto condiviso con la vicina Basilicata –, costituito da budella di agnello, fegato di maiale, prosciutto, pomodoro, pecorino grattugiato e generoso peperoncino –, le quagghiariedde – frattaglie di montone con salame, scamorza e peperoncino – e gli gnummerieddi, sempre interiora di agnello condite con lardo, pecorino, prezzemolo e limone, avvolti in retine in modo da formare fagottini cilindrici poi cotti sulla brace.
Il mare offre un’ottima materia prima per la preparazione di alici arracanate – disposte a strati nella teglia con trito di aglio, capperi, menta, olio extra vergine e pane grattugiato –, dentice alle olive e casseruola di polpetti con olio extra vergine, vino bianco, pomodori e cipolle.
I contorni più tipici sono i lampascioni, piccole cipolle selvatiche dal sapore amarognolo, che si consumano fritti oppure bolliti e conditi con olio extra vergine e pepe, i cardi selvatici alla brindisina – con capperi, olive nere, acciughe, prezzemolo e pane grattugiato –, i cardoncelli – cardi tagliati a pezzi, bolliti e poi cotti in forno –, le melanzane alla tarantina e alla leccese, la teglia di verdure alla pugliese, con pomodori, patate, cipolle, pecorino e origano, cotta in forno fino a formare una crosticina dorata.
Tra i formaggi spiccano l’irresistibile burrata di Andria – a pasta filata e ripiena di mozzarella sfilacciata e crema di latte – da assaporare freschissima, il caciocavallo silano DOP – condiviso con altre regioni –, che trova nelle Murge una delle roccaforti della sua produzione, le mozzarelle e le provole anche affumicate, il pecorino foggiano. E poi il canestrato pugliese, altro formaggio DOP a pasta dura ottenuto da latte di pecora, e la giuncata, formaggio fresco prodotto in provincia di Lecce che, con aggiunta di zucchero e caffè, è servito come dessert.
A fine pasto si possono assaggiare le deliziose carteddate, tipiche del periodo natalizio addizionate di miele, cotto di fichi o vin cotto, le castagnedde, i mustazzueli, dolcetti di mandorle, farina e zucchero, i marzapani bianchi, i cauciuni – pasta farcita con cioccolata, zucchero, ceci bolliti, vino cotto e cannella – e la scarcella, pane dolce decorato con uova, tipico di Pasqua. La pizza di ricotta dolce è una specialità barese, la cicerchiata è formata da piccoli gnocchi fritti ottenuti da un impasto di farina, uova, zucchero, miele, scaglie di cioccolato, mandorle e cannella, e la cassata di ricotta è una vera ghiottoneria. Infine, simili ai dolci napoletani sono i susamelli, oltre alle zeppole di San Giuseppe, specialità del Barese, fritte e farcite con crema pasticcera.