La Storia, l'Ambiente e la Gastronomia
della Toscana

Un po’ di storia

Le colline toscane, da secoli, sono l’ambiente ideale
per lo sviluppo della vite.

La vite prosperava in Toscana ancora prima dell’avvento degli Etruschi, intorno al VII secolo a.C. A questi e all’influenza della civiltà greca si deve l’avvio della coltura della vite in termini di economia agricola, tanto che intorno al VI secolo la Toscana raggiunge prima l’autosufficienza nella produzione di vino e poi avvia un fiorente commercio di esportazione. Nei secoli successivi i vini toscani si affermano sui mercati del Mediterraneo, ma non sembrano attirare l’attenzione dei buongustai del tempo, tanto che gli autori latini non danno notizie di vini considerati grandi o eccelsi.

Con la decadenza dell’Impero Romano, si verificò un apparente abbandono delle vigne toscane, ma la ripresa, facilitata dagli ordini monastici, iniziò già nell’Alto Medio Evo, come attestano documenti della Badia a Coltibuono – molto attiva intorno al IX secolo –, nei quali si parla dettagliatamente della coltura della vite. In particolare, nel 1100 le vigne cominciano a farsi più fitte e si trovano addirittura nel centro di Firenze, dove sorgeva la Chiesa di Santa Maria delle Vigne, l’attuale Santa Maria Novella.

Il destino delle prime famiglie nobili toscane, come i Ricasoli, sarà indissolubilmente legato alla storia del vino, così come quelle degli Antinori e dei Frescobaldi intorno al 1300. In questo periodo compaiono i primi grandi vini di Toscana: nel 1276 gli ordinamenti daziari di San Gimignano citano il vitigno greco e nei secoli successivi appaiono negli scritti il vino Montepulciano, i Trebbiani, le Malvasie, gli Aleatici e i Sangioveti. Nel 1404 appare il primo riferimento al Chianti, in una lettera del proprietario di Vignamaggio a un mercante senese.

L’apice dello sviluppo del settore vitivinicolo si ha nel XVI secolo e Sante Lancerio – bottigliere di Paolo III Farnese – include il Greco, le Vernacciuole di San Gimignano, i Moscatelli di Porto Ercole e il Montepulciano nella lista dei vini della corte pontificia. Leandro Alberti parla delle buone Vernacce di San Gimignano, dei rossi di Montepulciano e dei vini di Montalcino, e Andrea Bacci elogia i Trebbiani del Valdarno, sottolineando la presenza dei vini toscani sulle mense nobili e regali d’Italia e d’Europa.

Nel 1716 Cosimo III de’ Medici, Granduca di Toscana, istituisce per decreto le prime Denominazioni di Origine ante litteram, delimitando aree, confini e regole per i vini Chianti, Pomino, Carmignano e Valdarno di Sopra. Sempre in questo secolo il fiorentino Cosimo Villafranchi pubblica il primo trattato sull’enologia toscana, mentre il pistoiese Cosimo Trinci tratteggia un ampio quadro dell’ampelografia regionale, dando anche istruzioni sull’arte di ben vinificare. Grandi miglioramenti saranno legati anche all’Accademia dei Georgofili, tanto che nel 1896 il Ministero dell’Agricoltura dichiara che la Toscana è la prima regione italiana a produrre un vino rosso da pasto con le caratteristiche e i gusti richiesti dai consumatori. È il Chianti, e la sua fama e la domanda consentiranno alla Toscana di superare più agevolmente di altre regioni italiane i danni delle epidemie viticole della seconda metà del XIX secolo.

 

L’ambiente pedoclimatico

Sorano.

La Toscana ha una forma pressoché triangolare, occupa quasi 23.000 kmq e si affaccia sul Mar Ligure e sul Mar Tirreno. 

La costa presenta distese pianeggianti e sabbiose separate da promontori rocciosi, formatisi in seguito a fenomeni di sprofondamento costiero, come nella Riviera ligure di Levante.
La conformazione morfologica del territorio toscano è varia e complessa, per l’alternanza di zone montuose e collinari, bacini intermontani e lembi di pianura. A nord-ovest della regione si trovano le Alpi Apuane, di origine calcarea e dolomitica, con le famose grandi cave di marmo, che proseguono con l’Appennino tosco-emiliano e i suoi maggiori rilievi, il Pratomagno e i monti del Chianti. Il preappennino toscano comprende il Monte Amiata e le colline metallifere, derivate in gran parte da sfaldamenti di origine vulcanica, ma formate anche da arenarie, argille e tufi. Nelle zone centrali, di origine più recente, prevalgono terreni formati da galestro, arenarie e argille, oltre ad alberese e sabbia, materiali di facile erosione che conferiscono al paesaggio le caratteristiche forme ondulate. Le pianure più estese sono il Valdarno Inferiore, la Versilia e le piane costiere della Maremma.

I fiumi hanno percorsi tortuosi e regime torrentizio. Il Reno, il Santerno, il Lamone, il Marecchia e il Foglia sfociano nel Mare Adriatico, mentre l’Arno, il Tevere, il Magra, il Serchio, il Cecina e l’Ombrone nel Mar Tirreno.

In Toscana il clima è mediamente temperato, ma con notevoli differenze da zona a zona, in funzione della distanza dal mare, dell’altitudine e della presenza dei rilievi.
Nelle zone costiere e nella fascia collinare si registrano temperature miti d’inverno e fresche d’estate, mentre verso gli Appennini le escursioni termiche si fanno più marcate, fino ai rigori dei climi continentali. Le precipitazioni tendono a concentrarsi nei mesi primaverili e autunnali, comprese tra i 600 mm/anno nelle zone costiere e pianeggianti e i 2000 mm/anno in quelle montuose, anche se in Lunigiana e sulle Alpi Apuane questi valori sono spesso superati. Le precipitazioni nevose e le nebbie sono frequenti solo nelle zone di montagna.

 

La gastronomia

Una cucina semplice, quella toscana, con sapori puri che mirano a valorizzare le risorse dell’ambiente e l’armonia delle materie prime. Gli intingoli sono pochi e le salse e i fondi di cottura pressoché inesistenti, mentre spiedo, graticola e cotture rapide esaltano succulenza e aromaticità di carni tenerissime, come i tagli più pregiati della famosa chianina, i polli della Valdarno e quelli di razza livornese. E, su tutto, uno spruzzo di olio extra vergine – Chianti Classico e Terre di Siena e Lucca, tutti DOP, oppure il Toscano IGP – e i profumi di rosmarino, salvia e semi di finocchio.

L’avvincente realtà gastronomica toscana vede la prevalenza di piatti a base di carni, a partire dagli antipasti. Molto gustosi sono i salumi più famosi, il prosciutto di cinta senese, il saporito prosciutto toscano DOP, il lardo di Colonnata IGP, la finocchiona – salame a pasta morbida di grana grossa aromatizzato con semi di finocchio –, il salame toscano e le coppiette, fettine di carne magra di cavallo, cinghiale o bue, condite con sale e peperoncino ed essiccate in coppia. Antipasti ancora più tipici sono la panzanella – fette di pane raffermo ammollate nell’acqua, strizzate e condite con pomodori maturi, cetrioli, cipolla rossa, olio extra vergine, aceto e pepe nero –, i crostini alla toscana – fette di pane sciapo tostate e bagnate nel brodo e nel Vin Santo, spalmate con una crema di fegatini di pollo, altre frattaglie e capperi –, il pane col cavolo nero, cioè fette di pane abbrustolite e strofinate con aglio, con cavolo nero e olio extra vergine.

I primi piatti sono numerosi e, tra questi, spiccano la tipica acquacotta – una minestra preparata con uova, funghi porcini, pomodori maturi, aglio, olio extra vergine, pepe, parmigiano reggiano e fette di pane raffermo – e la classica ribollita, con cavolo nero, pomodori, fagioli bianchi, carote, sedano, cipolla e altri ortaggi, olio extra vergine e pepe nero in grani, servita con fette di pane abbrustolito. E poi ancora la pappa col pomodoro, la garmugia – antica zuppa lucchese a base di carciofi, fave, cipolle, asparagi e pancetta –, la zuppa di farro con il famoso farro della Garfagnana IGP, la zuppa di agnello con funghi secchi e quella di lenticchie con fagiano. Altri primi piatti saporiti sono le pappardelle alla lepre e il brodo di fagiano servito con crostini di pane fritti nel burro, le crespelle alla fiorentina e la bomba di riso alla lunigianese, che deriva da quella emiliana.

Non mancano primi piatti di mare, come il risotto nero con seppie, bietole e cipolle, oltre al famoso cacciucco alla livornese, una zuppa di pesce piccante servita con crostini strofinati di aglio. E ancora il cous cous alla livornese, condito con una salsa piccante oppure con un sugo di carne o di verdure.

Tra le paste si trovano i pici – pasta tirata a mano simili a spaghettoni –, conditi con ragù, salsa all’anatra o al pomodoro, i rigatoni alla fiorentina con pomodori, carne trita di manzo, pancetta, fegatini di pollo, olio extra vergine, burro e vino bianco secco, e gli spaghetti dei colli con tartufo nero, filetti di alici, aglio, olio extra vergine e prezzemolo.
Molto particolari sono l’infarinata – ottenuta cuocendo la farina di mais in acqua salata, aggiungendo nell’impasto cavolo nero, fagioli e cotenna di maiale –, i testaroli di ispirazione ligure, la torta di acciughe e la trippa alla fiorentina.

Una succulenta fiorentina è il migliore ricordo gastronomico
di questa terra.

Protagonista indiscussa della tavola toscana è la succulenta bistecca alla fiorentina, una costata di manzo tagliata alta, cotta sulla brace al sangue, ma con un’invitante crosticina, a volte servita come tagliata.

L’arrosto morto è un piatto di carni di vitello, pollo e piccione, cucinate arrosto in casseruola con olio extra vergine e aglio, e il polpettone di carne di manzo è farcito con prosciutto e altre carni macinate, mollica e numerose erbe aromatiche.
Altrettanto gradevoli sono lo stufatino di vitello con olio extra vergine, aglio e rosmarino, lo stracotto alla fiorentina con erbe aromatiche, pomodoro e vino rosso, e il peposo, garretto di bue stracotto nel vino, pomodoro, erbe aromatiche e abbondante pepe nero. Tra le preparazioni più semplici si possono ricordare le salsicce allo spiedo e i fegatelli nel retino, o quelli di maiale alla brace con pepe e foglie di alloro, mentre la cipollata è preparata con costine di maiale, pancetta, salsicce, sedano, carote e abbondante cipolla. Le carni di suino sono protagoniste anche nel biroldo – a base di sangue di maiale aromatizzato, condito e tagliato a dadini –, nel maiale ubriaco – braciole di maiale cotte in padella con aglio, prezzemolo, vino rosso e finocchiella – e nell’arista di maiale, carré disossato e cucinato con salvia, rosmarino, aglio, olio extra vergine, pepe e semi di finocchio.

Tra le carni bianche si possono assaggiare il pollo alla diavola – schiacciato sotto un forte peso con olio extra vergine, limone, pepe e sale –, il pollo alle prugne – con prugne secche, pancetta, vino bianco, cipolla, carote, olio extra vergine e pepe –, il pollo ripieno con erbe aromatiche, uova e diversi formaggi, la scottiglia, i sedani alla pratese – coste di sedano bollite e coperte da un impasto di carne e fegatini di pollo –, l’agnello alla cacciatora – tagliato a pezzi e cotto in umido con vino bianco – e il cibreo, preparato con frattaglie e creste di pollo, burro e cipolla.

Non mancano tipici piatti di selvaggina, come i tordi allo spiedo, il cinghiale dolce forte tipico della Maremma, con cacao e zucchero, quello in salmì, arrosto e in umido, in salame e in prosciutto, e la lepre in agrodolce, cotta in umido con olio extra vergine ed erbe aromatiche e, verso la fine della cottura, con aggiunta di acqua, aceto e zucchero.

Deliziosi sono i secondi di pesce come i polpi in galera, il baccalà alla livornese – con olio extra vergine, erbe aromatiche e cipolle – e le triglie alla livornese, cotte in umido con olio extra vergine, aglio e prezzemolo.

I pecorini toscani offrono le loro inconfondibili doti
di aromaticità e sapidità.

Prelibati sono anche i contorni, come gli asparagi alla fiorentina, passati in padella con burro, i carciofi al forno – con uova, pancetta, aglio e prezzemolo –, il tortino di carciofi, i fagioli all’uccelletto – fagioli bianchi bolliti e insaporiti in seconda cottura con olio extra vergine, salvia, salsa di pomodoro e pepe nero – o quelli al fiasco, così chiamati perché una volta erano fatti cuocere in fiaschi privati della paglia, con poca acqua, olio extra vergine, rosmarino, salvia e pepe in grani, adagiati sulla cenere spenta dentro il forno. Rarissimo è il fagiolo zolfino di Pratomagno, ma altrettanto gradevoli sono i fagioli bianchi del Casentino e i bianchi di Sorana.

I formaggi sono prodotti soprattutto con il latte di pecora, come il pecorino toscano DOP, prodotto anche nella zona delle Crete senesi e il marzolino, tipico della zona del Chianti.

Semplici ma non per questo meno gradevoli sono i dolci, come il castagnaccio – cotto in forno in una teglia bassa, cosparso di uvetta, pinoli e rosmarino –, e i necci, sempre a base di farina di castagne.

Cantucci e Vin Santo creano l’abbinamento più tradizionale.

I dolci più famosi sono tuttavia i cantucci, ormai diffusi in tutta la penisola e da tutti considerati come i compagni ideali di un buon bicchiere di Vin Santo, oltre al classico panforte, preparato con farina, zucchero, mandorle e abbondante frutta candita, ricco e degno complemento del pasto dei giorni di festa, accompagnato dai deliziosi ricciarelli di Siena IGP.

Altri dolci tipici sono il buccellato, i cenci – piccole trecce fritte e spolverate di zucchero a velo –, i fruttini di pasta di mandorla, i berlingozzi – ciambelle con uova, zucchero e latte –, i biscottini di Prato – con farina, mandorle, zucchero, tuorli d’uovo e pinoli –, le polpette di riso, a base di un impasto di riso, latte, burro, farina, uova, uva passa e Rum.

Profumate di anice sono le deliziose cialde chiamate brigidini e la torta all’anice. Infine l’irresistibile zuccotto, a base di pan di Spagna inzuppato nell’Alchermes e farcito con panna e cioccolato. 

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