Un po’ di storia
Le Cinque Terre, da secoli, producono vini di qualità.
Furono probabilmente i primi mercanti greci a introdurre e a diffondere la vite in Liguria, insegnando alle tribù liguri anche le tecniche di produzione, che gli abitanti diffusero successivamente nelle regioni limitrofe. Infatti, in Liguria, la coltura razionale della vite si deve ai Focesi, che già nel VI secolo a.C. fondarono diverse città sulle rive del Mare Mediterraneo, tra le quali Marsiglia.
Qualche secolo più tardi, la conquista romana portò indubbiamente un miglioramento qualitativo della produzione: in Liguria i Romani producevano il Lunense e Plinio il Vecchio riconosceva ai Liguri la patente di esperti vinificatori.
Dopo i secoli bui delle invasioni barbariche, il quadro della vitivinicoltura ligure migliora nel Medio Evo: la vite è infatti ormai presente quasi ovunque e i vini delle Cinque Terre, della Riviera di Ponente e dello Spezzino iniziano a conquistare consensi.
Proprio ai vini della Riviera di Levante, Francesco Petrarca dedica vibranti versi nel suo Africa, mentre per la Riviera di Ponente, nel XV secolo, si fa portavoce Jacopo Bracelli, lodando il Moscatello di Taggia, che sarà ripreso e magnificato più di un secolo dopo da Ortensio Landi, il quale lo considerava ‘tanto buono, che se in un tinaccio di detto vino mi affogassi, parrebbemi fare una bellissima morte’.
I secoli XVI e XVII segnano il culmine della fioritura dei vini liguri – come emerge dalle cronache dei viaggiatori dell’epoca –, tra i quali spiccano quelli delle Cinque Terre, lodati anche dal grande scrittore spagnolo Cervantes in una sua novella.
La crisi di Genova e dei suoi traffici, causata dalla concorrenza olandese e inglese nel Mare Mediterraneo, influisce negativamente sull’agricoltura e sulla viticoltura, condizionata anche dalla spiccata tendenza ligure a modificare le colture secondo gli andamenti commerciali del momento, passando dagli agrumi al gelso, dalla vite all’olivo.
Iniziata nel XVIII secolo, la crisi della coltivazione della vite si aggravò con l’invasione fillosserica del secolo successivo, e durerà fino agli anni ’60-’70.
Il vero problema della vitivinicoltura ligure è quello della sua qualificazione produttiva, a cominciare dal vigneto che, al di là delle pochissime uve specializzate, è soffocato dall’enorme varietà di vitigni, stratificatisi nei secoli dei commerci della Repubblica marinara di Genova. Ma non mancano i vini di pregio, e da almeno un quarto di secolo sono chiaramente visibili i segni di un certo risveglio e di un notevole impegno vitivinicolo da parte di un sempre più numeroso gruppo di produttori.
L’ambiente pedoclimatico
La Liguria è una delle più piccole regioni d’Italia – poco più di 5400 kmq –, si affaccia sul Mar Ligure ed è confinante con la Francia.
Il suo territorio si estende ad arco, quasi dalla foce del fiume Roja a quella del Magra, e comprende buona parte del versante ligure delle Alpi e degli Appennini.
La costituzione geologica dei rilievi è formata in parte da terreni con scisti, quarziti, calcari marnosi e dolomitici, in parte da altri con scisti e gneiss, arenarie e conglomerati, che determinano un paesaggio molto vario. Lungo i quasi 350 chilometri di coste, le montagne si innalzano spesso direttamente dal mare, e in alcune zone i depositi alluvionali di ghiaia e sabbia hanno formato terreni che ben si adattano alla coltivazione della vite.
La Riviera di Ponente è formata da terre rosse di origine marnoso-calcarea con residui organici, che andando verso l’interno diventano terre brune, mentre quella di Levante presenta terreni argilloso-calcarei misti a sabbie, più tenaci e profondi.
A Ventimiglia, il giardino di Villa Bortoli vanta un’incredibile collezione
di piante tropicali.
Numerose valli incidono i rilievi montuosi e sono percorse da corsi d’acqua brevi e con regime torrentizio, mentre a nord alcune vallate sono percorse da fiumi con regime abbastanza regolare, tutti tributari del Po, tra i quali il Tanaro, il Bormida di Millesimo, il Bormida di Spigno, lo Scrivia, il Trebbia e l’Aveto. I fiumi che sfociano nel Mar Ligure sono invece caratterizzati da percorsi brevi, pendenze sensibili, bacini di modesta ampiezza con regime marcatamente torrentizio, che convogliano molti detriti e formano le pianure del litorale, ben irrigate e fertili.
Rispetto alla latitudine, la Liguria presenta un clima vario, in prevalenza temperato lungo le coste, mentre sul fronte padano è continentale e tipico di montagna. La mitezza del clima è dovuta alla naturale protezione dai venti della catena alpino-appenninica e all’azione mitigatrice del Mar Ligure. Nelle zone dove la cerchia montuosa si abbassa, come a Savona e Genova, si possono avere repentini sbalzi di temperatura, ma nei luoghi riparati il clima è costante. Le piogge sono poco frequenti ma abbondanti; il nemico peggiore per la coltura della vite è comunque rappresentato dalla siccità. Le estati sono in genere assolate e secche, mentre gli inverni sono piacevolmente miti. I microclimi variano notevolmente nell’ambito della regione, e frequenti sono le oasi climatiche dove è possibile coltivare anche fiori e piante tropicali.
I venti predominanti sono umidi, spirano da sud-ovest come il libeccio e da sud-est come lo scirocco, e portano perturbazioni e precipitazioni sui rilievi interni; altrettanto temibile è il maestrale, che spira da nord-ovest, teso e freddo, così come i venti impetuosi che attraversano la depressione del Colle di Cadibona. In tutta la regione, comunque, il contrasto mare-monti è in grado di determinare ventilazione, mitezza e luminosità preziose per la coltivazione della vite.
La gastronomia
Cucina ligure ed erbe aromatiche
creano un binomio indissolubile.
La semplicità è il tratto essenziale della cucina ligure, ricca di piatti dal profondo sapore contadino, con pochi grassi – sempre rigorosamente vegetali – e nessun ingrediente superfluo, ma arricchiti dalla fragranza della maggiorana, del basilico, del rosmarino, del timo e di tante altre erbe aromatiche. È una cucina tipicamente mediterranea, che risente del naturale influsso di paesi come la Spagna e i Paesi Arabi e di regioni come la Sicilia.
La base della gastronomia ligure è lo specchio della sua produzione agricola, che vede in primo piano l’olio extra vergine di oliva, in particolare il Riviera Ligure DOP e le sue tre sottozone, gli ortaggi – soprattutto pomodori e zucchine –, i fagioli di Badalucco, Conio e Pigna, la patata quarantina della Val d’Aveto e una buona quantità di frutta.
Tipico esempio di probabile contaminazione iberica sono i mandilli de sea, lasagne quadrate servite con il pesto, mentre le trenette o linguine discenderebbero dalle siciliane tria, che nella versione classica sono unite a fettine di patate e a fagiolini freschi.
Con lo stesso condimento, il pesto – oggetto di numerose varianti ma sostanzialmente a base di basilico, pinoli e aglio pestati nel mortaio, pecorino, parmigiano reggiano e olio extra vergine –, sono condite anche le trofie – fatte con acqua e farina – e i ravioli genovesi. Ed è sempre il pesto, con il fresco profumo di basilico, che caratterizza il minestrone alla ligure, ricco di verdure di ogni tipo.
Tra i primi piatti si possono ricordare anche i croxetti – dischi di pasta stampati con il sigillo nobiliare della famiglia, conditi con olio extra vergine, pinoli e maggiorana –, le picagge matte – tagliatelle impastate con la farina di castagne e condite con sugo di carciofi – e i pansoti con la salsa di noci, ripieni di uova, ricotta, borragine e parmigiano reggiano.
Due sono i piatti a base di riso: il riso arrosto – con salsiccia, carne di vitello tritata, fondi di carciofo e piselli freschi – e il riso col preboggion, un insieme di erbe selvatiche, condito con olio extra vergine e parmigiano reggiano. Tra le zuppe, sono molto gustose le ormai rare lattughe ripiene e la mes-ciüa spezzina con ceci, fagioli, frumento e olio extra vergine.
La torta pasqualina, piatto famoso della cucina ligure.
Antipasti e cibi di strada da consumare come spuntino possono essere molto sfiziosi. Qualche esempio? La farinata - cotta in forno in larghi tegami di rame stagnato –, la focaccia con la cipolla, l’irresistibile focaccia al formaggio – preparata con due strati sottili di pasta farciti con formaggio morbido e saporito – e la sardenaria, con farina, olio extra vergine, latte, lievito di birra, cipolle bianche, aglio, pomodori e acciughe. E poi ancora la panissa – polenta di farina di ceci tagliata a fette, fritta e servita calda –, il polpettone con fagiolini verdi e patate – bolliti e tritati con uova, latte e parmigiano reggiano – e i mitili ripieni.
Molto apprezzate sono le frittate con i carciofi e le zucchine, con la maggiorana e con i bianchetti, insaporite con aglio e prezzemolo, così come le numerose torte salate. La più famosa è la torta pasqualina, preparata un tempo solo per Pasqua con 33 strati – come gli anni di Cristo – a base di bietole, cagliata e uova intere, ma altrettanto gustose sono la torta di asparagi e quella di carciofi.
Tra gli antipasti di mare si possono assaggiare le acciughe crude sott’olio – con aglio, prezzemolo, olio extra vergine, limone e pepe bianco –, i bianchetti serviti tiepidi con olio extra vergine e limone, le frisceu – frittelle a base di farina, birra, borragine, bianchetti, baccalà, lattuga e zucchine –, i cuculli di patate e la capponada, ottenuta con gallette da marinaio, aglio, acqua e aceto per inumidirle, cetrioli, pomodori, peperoni, filetti di acciuga e olive nere.
Olive e olio extra vergine regalano un tocco particolare
a molti piatti liguri.
Piuttosto rari sono gli arrosti e gli umidi, perché i liguri non amano piatti troppo pesanti e ricchi di grassi. La cima ripiena – tasca di carne di vitello farcita con carne tritata e vari ortaggi – ne è la prova più evidente. Le tomaxelle sono piacevoli involtini di vitello farciti con carne, formaggio, pinoli, funghi, uova ed erbe aromatiche, così come la trippa alla genovese in umido con funghi, erbe aromatiche, pinoli, parmigiano reggiano e vino bianco, che nella sua versione più semplice è detta sbira, in quanto veniva servita agli sbirri che sorvegliavano il porto. Molto più diffusi sono i piatti a base di coniglio, come quello alla ligure, con vino bianco, olive e rosmarino, servito con contorni di ortaggi ed erbe aromatiche, anche spontanee, come il dente di cane o tarassaco, la borragine e il cappuccio selvatico.
E il pesce? Sembra una contraddizione, ma la gastronomia ligure è più di terra che di mare. Ma una ragione c’è, ed è la difficoltà di ottenere abbondanti pescate di pesci pregiati, come orate, saraghi, spigole e triglie.
Un piatto di pesce davvero ricco, speciale e tipico della vigilia di Natale, è il cappon magro genovese, una piramide di sei o sette tipi di pesce e altrettanti di verdure, sistemati a strati alterni su gallette da marinaio imbevute di aceto, con una salsa a base di olio extra vergine e acciughe, decorato con dischi di uova sode, ostriche, gamberoni e altro ancora. Altri piatti stuzzicanti sono le acciughe ripiene, la buridda di seppie con pomodori ed erbe aromatiche e quella di stoccafisso – con funghi, filetti di acciuga, pomodoro, cipolla e pinoli –, oltre al baccalà al verde.
Il bruzzo o brusso – prodotto a Triora, Molini di Triora e Cosio di Arroscia in provincia di Imperia – è un latticino a base di ricotta di capra o pecora lasciata fermentare in forme di legno, rimestata per ottenere una pasta più o meno piccante e da conservare in vasi di vetro sotto un velo di olio extra vergine.
A fine pasto si possono assaggiare i fragranti amaretti di Sassello, i baci di Alassio e i morbidi canestrelli di Torriglia, oppure degustare gli antichi e originali quaresimali di marzapane – dolcetti a base di pasta di mandorle e ricoperti di glassa aromatizzata al cioccolato e alla vaniglia –, le sciumette a base di chiare d’uovo, le frittelle di zucca e il latte dolce fritto. Anche se la chiusura più classica è il pandolce, un tipo di panettone basso, friabile ma morbido, molto ricco di uvetta, pinoli e cedro candito.