La Storia, l'Ambiente e la Gastronomia
del Trentino

Un po’ di storia

Le più antiche notizie relative alla vitivinicoltura trentina sono legate al ritrovamento, sul Doss Caslir di Cembra, di una situla, un vaso tronco-conico in bronzo con una dedica in alfabeto retico a 'Lavisio, il giovane dio del vino'. Situle in bronzo, spesso decorate a sbalzo, erano diffuse dal VII secolo a.C. tra i Reti e gli Euganei, e testimoniano contatti con gli Etruschi.

I Romani modernizzarono le pratiche vitivinicole locali e ampliarono il patrimonio ampelografico. Lo stesso Augusto non nascondeva il suo debole per il vino Retico e Plinio il Vecchio parlò di 'vini trentini conservati in botti di legno legate con cerchi di vimini'. Con l’Editto di Domiziano del 92 d.C., che vietava la coltivazione della vite nelle province esterne e settentrionali, la regione iniziò a esportare i suoi vini verso l’Europa Centrale e del Nord, riscuotendo grande successo.

Durante il Medio Evo la coltivazione della vite continuò grazie all’opera degli ordini monastici, specialmente benedettini e domenicani, e i vini da schiava, teroldego e marzemino emersero per fama e qualità.

In epoche più recenti, tre flagelli si abbatterono sui vigneti: tra il 1851 e il 1880 si diffusero l’oidio e la peronospora, mentre nel 1907 fece la sua nociva comparsa la fillossera. Contemporaneamente, la Dieta di Innsbruck acquistò nel 1869 oltre 120 ettari di proprietà degli Agostiniani di San Michele all’Adige, dove nel 1874 si inaugurò la sede della prima scuola agraria, con la prima stazione sperimentale di enologia della regione, l’Istituto di San Michele. In pochi decenni diventò uno dei più celebrati atenei della vitivinicoltura italiana e contribuì a dare una svolta moderna alla coltivazione della vite e alla produzione del vino in Trentino-Alto Adige.

 

L’ambiente pedoclimatico

Il Trentino-Alto Adige è una regione autonoma a statuto speciale, la più settentrionale d’Italia, caratterizzata da temperature tipicamente alpine e da rilievi che fanno da scudo alle fredde correnti del Nord e al föhn, vento caldo e secco che si forma quando una massa d’aria sufficientemente umida investe perpendicolarmente una catena montuosa e, dopo aver perso gran parte della sua umidità, si scalda progressivamente.

In Trentino, le vigne dominano valli incorniciate
da splendidi scenari.

Il Trentino è una regione interamente montuosa che si estende per oltre 6200 kmq, divisa in due grandi zone dalla Valle dell’Adige, che la attraversa da nord a sud. Alla destra del fiume si innalza il gruppo dolomitico di Brenta, al confine con la Lombardia e con l’Alto Adige si elevano i massicci dell’Ortles-Cevedale e dell’Adamello, e si aprono le Valli di Non e di Sole. Alla sua sinistra si trovano i Monti Lessini e il Massiccio del Pasubio, oltre all’intero settore sud-occidentale delle Dolomiti, con il bacino del Fersina e dell’Avisio che forma le Valli di Fassa, di Fiemme e di Cembra, oltre all’Alta Valle del Brenta (Valsugana), delimitata a sud dal ripido versante settentrionale dell’Altopiano dei Sette Comuni. L’intera cintura montana è costituita da rocce cristalline, scistose e metamorfiche.

L’Adige è il principale fiume del Trentino – secondo in Italia per lunghezza (410 km) – e vi confluiscono l’Avisio, il Noce e numerosi torrenti. Il Brenta scorre in questa regione solo nel suo tratto superiore, il Sarca è tributario del Lago di Garda e il Chiese del Lago d’Idro. Numerosi sono anche i laghi di origine glaciale, sparsi a diverse quote, come quelli di Molveno, di Ledro, di Levico e di Caldonazzo, oltre a quelli artificiali, bacini di riserva per l’industria idroelettrica.

Il clima presenta caratteri molto diversi da zona a zona, secondo l’altitudine e l’esposizione al sole. L’ambiente viticolo trentino può essere suddiviso in quattro zone climatiche: a nord, in Valle di Cembra, il clima è decisamente alpino, in Vallagarina e nella Valle dell’Adige è subcontinentale, mentre poco più a sud, nella Valle dei Laghi, è mediterraneo, e le temperature più miti permettono la coltivazione dei limoni e degli olivi. Gli inverni sono comunque generalmente freddi e le estati fresche e ventilate, con precipitazioni abbondanti nel corso dell’anno. Le notevoli escursioni termiche, sia giornaliere sia stagionali, nel periodo della vendemmia favoriscono l’arricchimento dei profumi delle uve.

 

La gastronomia

I funghi sono gustosi protagonisti della cucina trentina.

La cucina trentina risente di alcune influenze mitteleuropee, ma il filo conduttore che lega tutte le regioni dell’arco alpino è la polenta, proposta in molteplici varianti, da quella cotta nel latte a quella che accompagna luganeghe e salsicce, capriolo e altre carni in umido, salumi cotti e diversi formaggi, l’aromaticità dei quali è arricchita dalle essenze delle erbe aromatiche dei pascoli e degli alpeggi. Piatti che un tempo costituivano l’unica portata del pasto oggi sono spesso presentati in piccole porzioni anche come antipasti.

Tra questi ultimi, particolarmente gustosi sono i fagioli con la salada, fettine di cosce di manzo conservate in salamoia e aromatizzate, tipiche della Valle del Sarca, oltre allo speck, specialità condivisa con il vicino Alto Adige.

Vero e proprio trait-d’union tra le cucine di Trentino e Alto Adige, i canederli sono grosse palle di pane raffermo impastate con latte, uova, pancetta, luganeghe, formaggio e prezzemolo, serviti asciutti o in varie zuppe di latte o di uova, bianchi se a base di ricotta o di pane, verdi se preparati con spinaci e neri se con pane di segale. E ancora gli strangolapreti, gnocchi verdi di pane raffermo, spinaci, uova e grana padano.

Molto gustosa è la pasta e fagioli aromatizzata con la maggiorana e la santoreggia, così come il bro brusà — brodo con farina di frumento abbrustolita — e i fregoloti, piccole palline di semola in brodo. Tra le paste, i ravioli trentini sono ripieni di carne arrosto, pollo bollito, prezzemolo e cipolla, i casonsei di spinaci, ricotta, crauti e verze.

Le noci sono ingredienti di molti dolci,
ma anche del pollo alla trentina.

A base di carne di maiale, sono da provare la mortandela – salume nato nella Val di Non, dalla caratteristica forma di polpetta –, i probusti – salsicciotti di Rovereto aromatizzati con aglio e affumicati – da assaggiare appena scottati in acqua o ai ferri, i saporosi baldonazzi – insaccati di sangue di maiale, con latte, farina, cubetti di lardo, cipolle, santoreggia, porri, castagne e uva passa – da consumare crudi o cotti alla brace, la ciuiga, insaccato con le rape da servire cotta accanto ai crauti, oltre ai vari würstel.
Il pollo alla trentina arricchito con noci e pinoli, fegato e uova, pane inzuppato nel latte e poi bollito, e la gallina ripiena alla boscaiola, con funghi e speck, sono i piatti più noti a base di pollame, ma molto più diffusi sono il cervo e il capriolo in salmì, oppure al ginepro o ai mirtilli, oltre alla lepre alla trentina, un salmì agrodolce particolarmente intrigante. Tutto da abbinare a una polenta fumante.

Le trote affumicate oppure fritte e cosparse con un sughetto di cipolla, aceto, aglio e prezzemolo tritato, lo stoccafisso al forno con patate, burro, latte e aromi, l’anguilla alla trentina, tagliata a pezzi e rosolata nel burro con aromi, vino bianco e cannella, sono solo alcuni dei piatti a base dei pesci di fiumi e laghi trentini.

Gustose e particolari sono alcune preparazioni di un mix di ortaggi e altri ingredienti, come le polpette fritte di fagioli – con cipolla e prezzemolo, uova e pane grattugiato –, i gonfietti di patate e le patate alla trentina, con speck, cipolle e pomodori. E un punto di forza sono i crauti, preparati con cavolo cappuccio tagliato a striscioline e lasciato fermentare con il sale.

Tra i numerosi formaggi, alcuni hanno ricevuto il riconoscimento DOP, come la spressa delle Giudicarie a pasta semidura, il provolone valpadana a pasta filata, il trentingrana – prodotto nella sola provincia di Trento –, e il vèzzena, a pasta dura e tipico dell’altopiano di Lavarone.

Altrettanto famoso è il puzzone di Moena, a crosta lavata e ottenuto da latte vaccino intero, così come il canestrato a pasta compatta, tipico della Vallagarina, il casolet a pasta cruda della Val di Sole, il caprino di Cavalese e la fresca tosèla, deliziosa se affettata, cotta nel burro e servita con fettine di polenta abbrustolita.

Le mele sono le regine del frutteto trentino.

A fine pasto o per merende golose, si possono assaggiare i fiadoni alla trentina – dolcetti triangolari ripieni di mandorle, miele e Rum –, i basini de Trent a base di uova e mandorle, i cappuccini affogati – preparati con pane bianco e uova sbattute, spolverizzati con zucchero e cacao in polvere –, la pinza trentina con pane raffermo macerato nel latte, farina e fichi secchi, la tipica ciambella lievitata brazadel, la cremosa rosada di mandorle e il budino di noci. E poi ancora la croccante torta de fregoloti con mandorle e pinoli, quella di pane nero con uvetta, cannella, cedro a pezzetti, uova e vino bianco, e quella di farina di mais e mirtilli. Infine, non si possono dimenticare lo strudel — farcito con mele, uvetta, pinoli e cannella — e lo zelten, tipico dolce natalizio con frutta secca e uva sultanina.

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